Mario Congiusta morto senza giustizia per il figlio ucciso dalla ‘Ndrangheta

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Fino all’ultimo chiese la verità per l’omicidio del Gianluca
di Francesca Mondin
Nella giornata di ieri un grande uomo, impegnato nella lotta antimafia e nella ricerca di giustizia, è morto nella sua casa di Siderno, a causa di un male incurabile. Mario Congiusta, 71 anni, era il padre di Gianluca, imprenditore ucciso il 24 maggio del 2005 in un agguato di ‘Ndrangheta all’età di soli 32 anni. Da quel fatidico giorno in cui gli venne strappato via il figlio, Congiusta si era battuto strenuamente per avere giustizia. Aveva anche creato una fondazione intitolata al figlio e non mancava mai alle manifestazioni promosse dalle associazioni antimafia, dimostrando un attivismo instancabile.
I responsabili della morte del figlio però non sono ancora stati condannati, dopo ben 13 anni. Dall’inchiesta “Lettera morta” del 2007, coordinata dal sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Antonio De Bernardo, era stato individuato il boss di ‘Ndrangheta Tommaso Costa come possibile responsabile dell’assassinio ed era iniziato il processo nei suoi confronti. Ma per ben due volte Mario si è visto annullare la condanna dalla Cassazione nei confronti del boss Costa nonostante ben 4 gradi di giudizio lo avessero condannato. L’ultima assoluzione risale all’aprile scorso, un fatto che aveva destato delusione e amarezza in tutta la famiglia Congiusta, soprattutto alla luce delle motivazioni depositate lo scorso giugno.
“È una sconfitta dello Stato – aveva affermato il padre dell’imprenditore ucciso, dopo la sentenza della Cassazione – non è possibile che gli assassini ci siano e non vengano trovati”. Roberta, sorella di Gianluca Congiusta, appresa la sentenza aveva scritto su Facebook: “Oggi il dubbio che essere onesti sia inutile diventa certezza. Oggi Luca lo hanno ucciso per la seconda volta, oggi niente ha più senso…oggi siamo morti tutti!”. Con questa sentenza infatti, la famiglia Congiusta aveva visto, ancora una volta, la verità e la giustizia allontanarsi inesorabilmente dopo aver avuto l’illusione di stringerla fra le mani con il primo e il secondo grado di giudizio. Dovendo constatare l’esistenza di uno Stato che spesso non riesce a condannare e individuare i colpevoli di omicidi e stragi, mancando il suo dovere di dare giustizia ai famigliari delle vittime.
Come anche i genitori dell’urologo Attilio Manca, cambia il luogo e il contesto ma resta la grande lotta dei famigliari per la verità ancora negata. “Ho conosciuto Mario Congiusta a Locri nel 2006, dove mi ero recata per manifestargli la mia solidarietà durante un suo sciopero della fame.– ha scritto oggi Angela Manca, madre di Attilio – Era una delle prime volte in cui partecipavo ad una manifestazione di protesta. Ricordo la forza e la determinazione di Mario nel portare avanti la sua battaglia”. Fu in quella occasione che Angela conobbe altre vittime di mafia e che parlò ad un giornalista del caso del figlio:“Quella mattina venne ad intervistarlo Michele Cocuzza ,che allora conduceva “La vita in diretta”. Gli parlai di Attilio, ma lui non conosceva il caso (solo per l’ex presidente Napolitano quello di Attilio era un caso di cui tutti ne parlavano); dopo qualche periodo venne ad intervistarmi Stefania Zane e fece un bel servizio sempre per “La vita in diretta” …mai andato in onda”. E conclude: “Caro Mario, continueremo a lottare anche per te!”.

Fonte: antimafiaduemila.com