A Reggio non c’era una “super cosca” di ’ndrangheta, la Cassazione: clan potenti ma autonomi

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Non operava una super cosca a Reggio. La città dei Bronzi era sì nelle mani delle ’ndrangheta, ma i boss non dominavano come fossero la stessa espressione criminale. ’Ndrine potenti in riva allo Stretto, ma autonome.

Il tema, rivoluzionario, del direttorio della ’ndrangheta reggina nel mandamento “centro” è stato azzerato dalla Corte Suprema di Cassazione che mercoledì sera ha emesso la sentenza del processo “Meta” celebrato con rito ordinario.

I giudici supremi – si legge sulla Gazzetta del Sud – hanno quindi annullato senza rinvio la sentenza nei confronti di Pasquale Condello “il supremo”, Giuseppe De Stefano “il crimine”, Giovanni Tegano “uomo di pace” e Domenico Condello “junior” (tra gli imputati originari anche Pasquale Libri “il custode delle regole”, deceduto) riguardo proprio l’ipotesi di reato di essere stati la cabina di regia criminale che gestiva Reggio.

Gli “Ermellini” spiegano nel dispositivo «per difetto di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, disponendo la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria; e trasmette gli atti ad altra sezione della Corte d’Appello di Reggio per la determinazione della pena nei confronti di Domenico Condello e Giuseppe De Stefano con riferimento al reato di cui al capo B».

Una decisione che consegue – solo in via teorica viste le ulteriori condanne – «la scarcerazione di Pasquale Condello e Giovanni Tegano, Domenico Condello e Giuseppe Carlo De Stefano se non detenuti per altra causa».

Il tema dell’inesistenza della super cosca a Reggio era stato affrontato, e smontato con severe censure, dagli avvocati Francesco Calabrese, Marcello Manna e Giuseppe Gianzi, come anche dal Procuratore generale della Corte di Cassazione che aveva formalizzato la richiesta di annullamento della sentenza senza rinvio.

Altre cinque posizioni – Umberto Creazzo (avvocato Giorgio Vizzari), Cosimo Alvaro (avvocato Giuseppe Putortì), Antonio Giustra (avvocato Pasquale Foti), Rocco Palermo (avvocato Armando Veneto) e Carmelo Barbieri (avvocato Francesco Calabrese) – sono state annullate con rinvio, per episodi specifici, e ritorneranno nuovamente davanti alla Corte d’Appello di Reggio.

Rigettati gli altri ricorsi, divenendo definitive le condanne inflitte a Pasquale Bertuca, Natale Buda, Antonino Crisalli, Antonino Imerti, Domenico Passalacqua e Giovanni Domenico Rugolino.

Le parti – tutte – sono adesso in attesa di leggere le motivazioni della decisione dei Giudici Supremi.

Sull’esistenza della “super cosca” si è già pronunciata la Corte Suprema di Cassazione nel troncone processuale già definito con il rito abbreviato. Scrivendo proprio sul tema: «Nel mandamento di centro della ’ndrangheta vi è una super cosca. La pace mafiosa intercorsa anche fra le famiglie Condello, De Stefano, ha prodotto i suoi effetti nei territori limitrofi. Come quello di Villa San Giovanni e zone adiacenti, dove il clan Buda-Imerti era stato tradizionalmente referente dei Condello, e la cosca Zito-Bertuca aveva costituito emanazione di quella riconducibile ai De Stefano».

 

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