Le indagini, i processi e il carcere “duro”. La procura antimafia di Catanzaro, guidata da Vincenzo Capomolla, ha avviato una offensiva contro le cosche della ‘ndrangheta della Calabria settentrionale senza precedenti. Ai blitz che hanno portato negli ultimi tre anni a centinaia di arresti, si aggiunge un’azione di isolamento dei vertici apicali dei clan colpiti dalle ordinanze di custodia cautelare anche attraverso l’applicazione del regime detentivo speciale previsto dal “41 bis”.
Basta scorrere i nomi di indigati e imputati costretti alla reclusione più severa per comprenderlo. Il ministro di Grazia e Giustizia, Carlo Nordio, ha disposto con decreto che stiano ristretti nelle carceri di alta sicurezza i cosentino-rendesi, coinvolti nella maxioperazione “Reset” Michele Di Puppo, Mario “Renato” Piromallo, Francesco Patitucci, Adolfo D’Ambrosio, Luigi e Marco Abbruzzese: e, con loro, Andrea Tundis e Pietro Calabria appartenenti a una presunta consorteria attiva nell’area di San Lucido, colpita con l’indagine “Affari di famiglia”. Ai già citati componenti di vertice delle consorterie “confederate” operanti nell’area urbana del capoluogo bruzio. si è aggiunto di recente Roberto Porcaro, condannato a 20 anni per traffico di stupefacenti, che dopo aver tentato di collaborare con la giustizia, è tornato ad essere un detenuto “normale”. I magistrati inquirenti, infatti, non l’hanno ritenuto fino in fondo deciso a percorrere la strada del “pentimento”. E lui, capita l’antifona, ha fatto una plateale marcia indietro rendendo dichiarazioni spontanee in aula. Il presunto boss, difeso dall’avvocato Mario Scarpelli, è pure indagato a Salerno per corruzione in atti giudiziari.
La scure del “41 bis” ha pure colpito i personaggi più in vista della criminalità organizzata sibarita: uno dopo l’altro sono finiti al carcere “duro”: Leonardo “Nino” Abbruzzese, 30 anni, ritenuto punto di riferimento dei nomadi nel quartiere bunker di “Timpone Rosso” a Cassano. Il detenuto è stato arrestato a Bari dai carabinieri del Reparto operativo provinciale nei mesi scorsi dopo un periodo di latitanza. Nicola Abbruzzese, 45 anni, detto “semiasse”, fratello dell’ex latitante e esponente di vertice della omonuma consorteria. In precedenza era toccato a Luigi Abbruzzese, 35 anni, “reggente” della cosca e figlio di Franco Abbruzzese, ergastolano, inteso come “dentuzzo” finito al 41 bis negli anni scorsi.
Infine, Pasquale Forastefano, 39 anni, principale referente della omonima famiglia e coinvolto nell’inchiesta “Kossa” e già condannato in primo grado per mafia.
Le inchieste e i processi in corso contro le ‘ndrine del cosentino sono seguiti dai pm distrettuali Vito Valerio, Corrado Cubellotti, Alessandro Riello e Stefania Paparazzo. Tra i detenuti posti in regime speciale figura, come detto, il boss di Cosenza Francesco Patitucci, condannato all’ergastolo in appello la scorsa settimana per il duplice omicidio di Marcello Gigliotti e Francesco Lenti, avvenuto a Rende nel febbraio del 1986.