di Arcangelo Badolati.
L’asse degli zingari. Per allargare il potere mafioso e unificarlo lungo la immaginaria dorsale Cosenza-Cassano. Un asse stabile, ben fissato tra l’area urbana del capoluogo e la Sibaritide grazie al rapporto diretto di parentela esistente tra gli Abbruzzese “Banana” di Cosenza guidati dal capostipite Fioravante e i “cugini” cassanesi del patriarca Celestino, detto “asso di bastoni” e del figlio, Franco, inteso come “dentuzzo”.
Un rapporto parentale e criminale ricostruito dai magistrati antimafia della procura di Catanzaro, diretta da Vincenzo Capomolla, con tre diverse operazioni compiute negli ultimi quattro anni: “Testa del serpente”, “Reset”, “Athena” e, in parte, “Gentleman 2”. Il quadro emerso dalle indagini e riscontrabile pure nelle confessioni rese dai collaboratori di giustizia Ivan Barone, Franco Greco, Anna Palmieri e Celestino Abbruzzese racconta di un costante e proficuo commercio di sostanze stupefacenti. Il mercato della droga sarebbe stato nelle mani degli “Abbruzzese e modulato a seconda delle esigenze delle piazze bruzie e sibarite.
Alle rivelazioni dei pentiti già in mano ai pm distrettuali Vito Valerio, Corrado Cubellotti e Alessandro Riello si aggiungerebbero ora quelle che stanno rendendo i due ex malavitosi “arruolati” per disarticolare la criminalità organizzata nell’Alta Calabria: Gianluca Maestri, vera testa di ponte tra le due famiglie claniche degli Abbruzzese attive sia in riva al Busento che al mar Ionio; e Luca Talarico, uomo legato alla cosca Forastefano ma spettatore quotidiano d’interscambi e legami.