di Arcangelo Badolati.
La ‘ndrangheta sibarita è in crisi. Colpita al cuore da due defezioni destinate a creare scompiglio nelle sue due più imporanti “famiglie”: quelle degli Abbruzzese e dei Forastefano.
Gianluca Maestri, ex assaltatore di furgoni portavalori, trafficante di droga e da un ventennio punto di collegamento tra la criminalità nomade cassanese e la ‘ndrangheta del capoluogo bruzio, collabora da mesi con i magistrati della procura distrettuale di Catanzaro, guidata da Vincenzo Capomolla. Una scelta condivisa da più di un mese pure da Luca Talarico, 38 anni, ufficialmente imprenditore ma nei fatti uomo di fiducia dei Forastefano nel mondo delle estorsioni e delle truffe consumate nel ricco mondo dell’imprenditoria agricola della Calabria settentrionale ionica. E mentre Maestri è in carcere per la maxioperazione “Reset” condotta dalla Dda contro le cosche “confederate” dominanti nell’area compresa tra Cosenza e Rende e risulta coinvolto nella operazione “Athena” portata a termine nella Sibaritide contro le sinergie mafiose tra “zingari” e “italiani”, Talarico si ritrova già sul groppone una condanna a 12 anni di reclusione perchè imputato nel processo “Kossa” che ricostruisce gli interessi delle ‘ndrine nei lucrosi settori imprenditoriali impetranti in riva al mar Ionio. Maestri, ufficialmente residente nel capoluogo bruzio, avrebbe avuto un ruolo di vero e proprio “azionista”nelle questioni criminali risolte con il sangue a cavallo dei territori compresi tra Cassano, Sibari e Corigliano Rossano, mentre Talarico, originario di Spezzano Albanese,sarebbe stato un “prestanome” dei Forastefano nel settore della imprenditoria agricola con il ruolo di partecipe della omonima presunta cosca mafiosa, riscuotendo il “pizzo” per conto del clan e contribuendo alla perpetrazione di mega raggiri consumati ai danni dell’Inps e della società nazionale interinale “Alma Spa”.