Il 31 maggio 2008, dopo una prima votazione annullata, Milano diventa ufficialmente la città dell’Expo 2015. Una candidatura promossa dal governo dell’epoca e che i vertici di Regione Lombardia, Provincia e Comune hanno accettato entusiasti. Nessun organo elettivo è stato consultato. Nessun Ente Locale interessato dalle opere ha potuto preventivamente pronunciarsi. Nessun cittadino ha potuto esprimersi al riguardo. Chi comanda Milano ha deciso per tutti. Sul piatto, decine di miliardi di euro che il comitato d’affari della borghesia milanese è pronto a spartirsi: vecchi capitani d’industria, insieme a spregiudicati immobiliaristi di nuovo conio, sono seduti al tavolo al quale da tempo vengono decisi i destini della città. Un sistema trasversale agli schieramenti politici e che da tempo detta lo sviluppo urbanistico, politico e sociale della metropoli. Ente Fiera, LegaCoop, gruppi della Grande Distribuzione, Cabassi, Pirelli, Zunino, le grandi banche, Ligresti, Compagnia delle Opere, Assolombarda, Camera di Commercio: ognuno di questi attori è coinvolto a vario titolo nell’affare Expo. Ognuno pretende la sua fetta di torta. In omaggio al medesimo modello di sviluppo che negli ultimi trent’anni ha sostituito la speculazione alla produzione e che con l’operazione Expo diventa sistema. Mentre la criminalità organizzata – che da tempo a Milano e in Lombardia ha messo radici – inizia a rivendicare un posto di diritto al tavolo dei grandi affari della borghesia lombarda.